“… E così i briganti di Ceraso nascosero il loro tesoro nel pozzo di una masseria sperduta nei boschi di querce e scapparono via verso l’Abruzzo, inseguiti dai soldati del re”. “E poi, tornarono di nuovo, i briganti?”. “No, non tornarono più, perché i soldati riuscirono a prendere il loro capo, il feroce Bastiano Capatosta, e lo misero in prigione”. “E il tesoro, nonno?”. “E chi lo sa. Forse è ancora nascosto in fondo a quel pozzo, forse qualcuno l’ha trovato o magari è solo una leggenda e non è mai esistito!”. “Oh no, il tesoro c’è sicuramente! Bisogna solo trovare la mappa …”. “Eh, la mappa! La storia parla della masseria delle Cento Catenelle, ma non so di nessuna masseria che si chiami così. Secondo me è una storia mezzo inventata e poi, anche se questo posto è esistito davvero, oggi sarà solo un mucchio di rovine senza nome”. “Ti prego nonno, andiamo a cercare la masseria delle Cento Catenelle? Ci andiamo domani?” “Ma no, Michelino, domani il nonno ha tanto lavoro da fare e deve alzarsi prestissimo. Non ci pensare più e va a dormire, che è tardi tardi”. “Ma nonno …”. Nonno Peppe prese Michelino per mano e lo accompagnò nella stanza da letto. Erano i primi giorni di settembre e la scuola non era ancora iniziata. Il papà e la mamma di Michelino avevano invece ripreso a lavorare e così lui era andato a stare qualche giorno dal nonno, nella masseria sulla Murgia Parisi. Era un posto che gli piaceva moltissimo, c’erano gli animali, il trattore, gli attrezzi e tante altre cose che lo incuriosivano e con cui poteva inventare mille giochi diversi, senza che nessuno gli stesse a dire “Non ti sporcare! Sta’ attento! Non fare questo, non fare quello!”. Anche il nonno gli piaceva tantissimo, sapeva fare un sacco di cose straordinarie, come mungere le mucche, strigliare un cavallo, riempire l’acqua dal pozzo e accendere il fuoco del camino. Conosceva molte storie e soprattutto lo trattava come un grande, permettendogli di aiutarlo nei suoi lavori. Quella sera Michelino si addormentò quasi subito, ma non fu un sonno tranquillo. La paglia dell’imbottitura del materasso gli punzecchiava un po’ le gambe, ma soprattutto le ombre scure di sogni agitati lo facevano girare e rigirare nel letto, come un ballerino di tarantella. “Ohh, ohh!” ripetevano dondolandosi avanti e indietro mentre marciavano nella notte. Avevano lunghi cappelli neri, mantelli neri con il collo di pelliccia nero, come quello del nonno, e grandi fucili neri a tracolla. Nascosto dietro un sasso, lui li vedeva avanzare con una grande cassa al seguito, come i quaranta ladroni di Alì Baba. “Ohh, ohhh, ohh!” In una notte buia e senza luna, scavavano con le pale e i picconi sotto una vecchia quercia. Ancora quegli “ohh, ohh!” e poi un tonfo, seguito da un silenzio nero nero. A un certo punto, come un fiammifero che si accende nel buio, ecco che un lieve rumore si fece strada in quello strano silenzio, un “crr, crr”, sempre più chiaro e insistente che finì per svegliare Michelino. Tutto sudato, il bimbo scattò a sedere sul letto con le orecchie tese e il cuore che batteva veloce. Niente, non c’era niente, semplicemente le storie dei briganti avevano fatto un brutto effetto sulla sua fantasia. “Crr, crr, crr”. Michelino ebbe un sobbalzo, il rumore c’era davvero e sembrava provenire dallo stipo a muro accanto al letto! Il cuore iniziò a battere ancora più forte, ma lui non si fece prendere dal panico: muovendosi lentamente afferrò la lampadina tascabile poggiata sul comodino, scostò pian piano la tenda che copriva lo stipo e puntò il fascio luminoso verso la fonte del crr crr. Sorpresa! Non era un feroce assassino, né il monacello dispettoso che si diverte a disturbare il sonno delle brave persone, ma un piccolo topo di campagna con un pezzetto di pane tra le zampine. “Stump, bam, swish”, spaventatissimo, il povero topolino scappò via saltando e sbattendo di qua e di là. Sorridendo divertito, Michelino si stese nel letto e si riaddormentò, di un sonno finalmente profondo e tranquillo.
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